15 aprile 2008

372 - sonetto 264

La contessa e lo scimmione

Me la ricordo una brava bambina, con quel bel cognome dell’Ottocento da nobildonna, sportiva, carina studiosa e capace d’uscir col cento, alta, tanto alta, pure carina con i suoi occhi grandi e troppo mento così brava da finire in panchina nella nazionale del gran evento. A furia di allenamenti e schiacciate e domande sempre uguali (non fingo, è la sorte), di premi e comparsate, svaporò, si mise con un gringo, uno con la musagna e le bravate d’un ingiallito giocoso mandingo.