Sempre caro mi fu quest’ermo colle
e questa siepe che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento,
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra queste
immensità s’annega il pensier mio
e il naufragar m’è dolce in questo mare.

9 agosto 2007

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L’infinito

Dove ho messo le mie bottiglie colle fasce bianche? Forse da questa parte che un’anta segreta dall’altre esclude... Ecco! Qui fermentano interminati vini dai nuovi gusti sovrumani che posso sorseggiare in santa quiete; chi se ne frega se ne basta poco perché venga già voglia di far vento, fin dall’antichità il destino è quello della mostadura, di dare voce all’intestino, e sento che in eterno non tratterrò quella ch’è già presente... quante ne ho già mandate di queste oh, ma tu vola, ambasciatore mio porta la mia pienezza fino al mare.

LI HO PARAMATI TUTTI