Sempre caro mi fu quest’ermo colle e questa siepe che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo ove per poco il cor non si spaura. E come il vento, odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l’eterno e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra queste immensità s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare. |
9 agosto 2007 306 |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |