Né più mai toccherò le sacre sponde 
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quell'isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque;

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura 
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

9 agosto 2007

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A Zacinto

Attenta a non sporgerti oltre le sponde della ringhiera: ieri un uomo giacque morto tre ore nuotando nell’onde putride dov’è impensabil che nacque Venere, in quest’altro che feconde isole di gay, ma ce ne tacque l’agenzia magnificando fronde inesistenti e imbrogliando su l’acque; colei che ci mandò in quest’esiglio meriterebbe analoga sventura o finir tra i Proci per man di Ulisse... Tu vedi di ritornar dal figlio: con quel che il regolamento prescrisse neanche avresti pagata sepoltura.