22 gennaio 2006
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Memorie di Adriano
Quando nella mia vita fece bugia
- a Venezia nella sala d’attesa
d’un buio gabinetto d’ortodonzia,
e mia sorella lo citò sorpresa
col soprannome che si trascinava
("Baccaeà", fu quella la grande offesa...) -
lui era un militar dall’aria brava.
A distanza di anni vedo quanto
può il tempo che paziente tutto lava...
Nato in questo paese senza incanto
tentò d’amarlo col coerente
sessantottismo del T.I.T. e quel tanto
gruppetto sognatore e impertinente
fa brillare per antitesi e chiasmo
l’odierno ricco parlare di niente.
Folle fan di Patty Pravo, all’orgasmo
l’imparò con una sua straordinaria
simiglianza, e il divertito entusiasmo
delle apparizioni, l’ilare aria
d’un Jolly Sera che svuotava case,
nella memoria persiste e non varia.
E intanto fu infermiere e lì rimase.
Fu il gusto di splendidamente darsi
che degli anni giovanili poi l’invase
a spingerlo dei bocchie ad occuparsi,
gl’ignavi ragazzacci d’una volta
che dal centro parevano scomparsi.
Il suo impegno sociale ebbe una svolta
quando Paolo Golfo morì tra i flutti
della Brussa in quella mai assolta
gita estiva col pulmino di tutti
che avrebbe dovuto esser di festa
e li fece tornar colpiti e brutti
ma lui di più, che del gruppo er’a testa:
lì sicurezza s’incrisa e si spolpa
e sul dolente meditar l’arresta.
Necessità di espiare una colpa
che non aveva e di lasciare traccia
ancora più profonda nella polpa
di questo paese che si rinfaccia
le convenzioni antiche col fuoco impresse,
smagò l’ultimo fren che tutto allaccia:
creò dal nulla quella strana C.S.;
cui diede l’occasione d’una lista
di cose più grandi: sempre le Stesse.
In quegli anni divenne catechista
della mia torva comunion solenne:
pe’l mio gruppo pose e ripose in vista
com’importante sia giungere indenne
ad accettarsi e non viver fittizio...
e mostrava la crapa senza penne
che trauma grande era stata all’inizio;
contro le mie sofferenze più dure
mi pareva in verità piccolo vizio,
l’esempio caro, fosse stato pure
aggregato ad alopecie più amare,
non bastava a fugar le mie paure.
Avviata la C.S. in largo mare
toccò poi alla banda dei più tristi
che bisogno avea d’affrontar altre pare:
riunì quei nove o dieci motoristi
per ristorar con loro la chiesetta
antica, schivata dai camionisti.
A me donò la patente negletta
facendomi far pratica di guida
per le vie di Millepertiche stretta
con la Uno sempre pronta alla sfida
che sapeva di gasolio e tabacco;
e le sue storie "da pianza e da rida",
in quegli anni di discorsi d’attracco,
bravo a sondare il mio cuore di paglia
per intuire dov’era l’acciacco;
mi fece amar l’abbazia di Praglia,
le musiche dei Pink Floyd e di Mina
e le frammezzò a teologia di vaglia.
E se in un Asolan la ballerina
valse in foto a render l’animo mio,
lui piuttosto la faccia poverina
d’un vecchio o la sofferenza d’un pio
segnalava al suo ragionar vicino
che diacono l’avrebbe un dì di Dio.
Tutte scelte forti, dure... persino
il suo perenne nero minimale
era foriero d’un vero destino.
A Noventa la volontà episcopale
gl’indicò il suo primo impegno
parallelo al lavoro d’ospedale;
quindi un incarico ancora più degno
gli abbottonò in quel di San Giuseppe
dove tuttor disincrocia il suo segno...
pregando e lavorando con le teppe
a chiunque potendo dà una mano
nessun negando aiuto che si seppe.
Quando senton nominare "Adriano"
tutti gli storici pensano all’anima
vagula blandula dopo Traiano;
gli interisti, invece, dai gusti strani,
al brasilian dai cento gol d’azione
cui s’ostinavano a batter le mani...
Ma per me, molle di ricordar come
in mille occasion mi fu lui vicino,
l’imperatore è lui di quel nome
E questo che doveva essere un regalino
per densa quantità di sentimenti
la mano di dir m’ha presa un pochino.
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