T’amo, o pio bove; e mite un sentimento di vigore e di pace al cor m’infondi, o che solenne come un monumento tu guardi i campi liberi e fecondi, o che al giogo inchinandoti contento l’agil opra de l’uom grave secondi: ei t’esorta e ti punge, e tu co ’l lento giro de’ pazienti occhi rispondi. Da la larga narice umida e nera fuma il tuo spirto, e come un inno lieto il mugghio nel sereno aer si perde; e del grave occhio glauco entro l’austera dolcezza si rispecchia ampio e quieto il divino del pian silenzio verde. |
18 maggio 2007 CCLXXV - s. 184 |
Al rio sottile, di tra vaghe brume, guarda il bove, coi grandi occhi: nel piano che fugge, a un mare sempre più lontano migrano l’acque d’un ceruleo fiume; ingigantisce agli occhi suoi, nel lume pulverulento, il salice e l’ontano; svaria su l’erbe un gregge a mano a mano, e par la mandra dell’antico nume: ampie ali aprono imagini grifagne nell’aria; vanno tacite chimere, simili a nubi, per il ciel profondo; il sole immenso, dietro le montagne cala, altissime: crescono già, nere, l’ombre più grandi d’un grande mondo. |
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