febbraio o marzo 1993, un martedì
25
FINCHÉ
Finché per paura di perderti
continuerò a imprimermi da me
il marchio del deficiente, lo stesso
che sulle nostre cose stampo tutte
le volte
che ti chiedo
perdono senza sentirmi colpevole
o cretino veramente...
Finché alle
tue sommessamente posporrò
implodendo le mie ragioni, pensando
più utile averti
che averti sinceramente....
E finché il bisogno di te
mi renderà sopportabile
quest'insanabile dissociazione
che m'intacca a fondo il cuore...
fino a quel momento mi avrai.
Ma quando, per celia o incomprensione
(io di te), avrò sbagliato un'altra volta
e te ne andrai sbattendo
la porta sottomano
e non sarà più chiaro
il confine delle parole da dirti
e il perché non dirle,
quando il desiderio di sopravvivere
mi condannerà per riunirmi
a spiegare le mie ragioni
certificando la tua distanza
allora sarà tutto finito.
Per quel tempo mi avrai forse da un pezzo
già lasciato, inorridita dalla mia
groviera di
parole, insopportabile ai tuoi occhi,
ma dove seppure qui o lì qualcosa
manchi non è detto che sia sbagliata.