13 luglio 1988, mercoledì


Federica, tu ridi
e sei bellissima,
giochi, ridi e scherzi con me 
ne son contento. 
E invece con chiunque altro al posto mio
saresti uguale. 
Alta un metro, ti getti, nuoti e voltoli
nell’acqua alta due; 
non hai paura, come me, tu dell’acqua:
sirena di novelle fiabe 
tu e la schiuma sembrate tutt’uno. 
In quei momenti fin ti odio
perché sei troppo bella per curarti 
di risultare antipatica, 
perché stai sempre sola, ti basteresti 
e saresti felice... 
perché mi sorridi, e sorridendo
firmi la mia neglettitudine... 
perché tu hai otto anni e io già venti,
che son tanti indosso a me,
non già a tua sorella che ne ha altrettanti 
ma in fondo ha sempre avuto 
gli anni che voleva, 
e che a cinquanta 
potrà averne sedici.
Lei l’ho disprezzata 
perché era come a te: unica, sola, 
bella come te. Più volte 
mi ha detto intelligente, 
trattando la mia 
intelligenza 
con assoluta deferenza... 
con totale indifferenza! 
Io avrei voluto che mi sorridesse,
come fai tu ora, 
che addirittura mi abbracciasse,
come talvolta fai tu, saltandomi in groppa...
ma i suoi sorrisi, 
così rari in confronto ai tuoi, 
parevano umiliazioni.