12 gennaio 2003
Per i 40 di Marco
Beh, caro Marco... riprenditi, osserva:
son quelli che qui vedi tutti amici?
Forse sì, boh... E' il conto della serva
mettersi a rovistar in tali uffici:
eccoci ti a far festa, quest'è il fatto,
un po' allegri ed alcuni anche felici,
sul che, senza tema d'essere tratto
in errore, credo avresti qualcosa
pur tu da aggiungere... e già mi gratto!
Non garantendo una cena briosa
ci accontenteremo se sarà stata
una sorpresa appena non noiosa.
Ma che colpo se l'occorrenza ingrata
- che seppellirai con un aforisma -
ad una ti movesse pia risata!
Sarebbe aver levato un cataclisma,
conoscendo la vieta riluttanza
che provi per ciò che non è sofisma
o motto d'immortale ricordanza,
Scongiurar la tua fera disistima
sarà per noi più che buono abbastanza.
Da dove incominciamo? Dalla cima.
40 anni! Del resto sempre avuti!
Si tratta di capire quanto prima;
non dico all'asilo quando i bruti
ti buttarono dentro la fontana
dietro il duomo e tu a quegli astuti
non desti la soddisfazione nana
che s'attendevano: non piangesti,
vestita e fradicia sfinge inumana.
Ma quando fissavi senza gesti
la maestra Centioli che al tuo sguardo
non osava chiedere quel che avresti
potuto dirle? Temeva il dardo
la poverina, feroce e violento,
la tua stoccata secca di biliardo...
Avevi già quarant'anni, col mento
squadrato e la fiera mascella tesa
di quei balilla chiamati al cimento.
L'aria tua credo lì tu l'abbia presa,
massimo alle medie, dove l'andazzo
general, lo so, chiosavi a distesa.
Per l'adolescenza tutta rimpiazzo
con mere ipotesi quel che penso:
che l'avrai stimata un'età del cazzo.
Ti ho conosciuto con ritardo immenso
e grazie alla tua amata sorellina
che dei contraddetti portava il senso
e giocava a tre come la bambina
coi due campioni di scacchi affermati
e l'un batté e l'altro tenne a rima,
forse l'un l'altro facendoli armati.
D'allora, pur vedendoti di rado,
fostimi l'ufficial grossista di dati,
di zuppe logiche sapido dado,
chi solo portava per maggior peso
e nobiltà d'immagini il dogado.
Tu, d'agudeza simbolo conteso,
mantieni infatti il critico costrutto
un nozionismo feroce, esteso,
una deutsche kultur del bello e del brutto,
l'erudizione che taglia di netto
giudizi secchi contro tutti e tutto.
Cinico, lieve, spietato, corretto
col tuo sguardo truce apparentemente,
ma rapido e soave di furetto
non ti lasci mai incantar da niente
ché tutto è vecchio, ché tutto è banale
e un parto è il Quisque faber della mente.
Io rimasi, tu no, parecchio male
l'anno che festeggiammo il ventinove
dicembre - l'idea strana fu di Ale -
il nostro capodanno-contro, e dove
del nostro pio disincanto sul caro
tempo a venire fornimmo le prove
prestando le voci al dialogo amaro,
acre, "d'un venditore d'almanacchi
e d'un passeggere". Cosa pensaro
i nostri uditori silenti e stracchi?
"Bello, di chi?" fa un'oca, l'illusorio
dell'arte comprimendo sotto i tacchi.
Tua dote era anche imitar Vittorio
Gasmann con la retorica puzzona,
Carmelo Bene e l'altro pio ostensorio
il cui ghigno in tivù spesso tuona.
Frequentandoti qualcuno ha creduto
che fossi corazzato un po' alla buona
dal tuo divin caratteraccio arguto;
di certo libero sei più degli altri
dai giudizi del sociale tessuto
e svicoli abile dagli scaltri
lacci del conformismo di routine
per distinguer fiero fra "ti" e "n'altri".
Mai ti prostrasti alle forche caudine
degli intensi innamoramenti standard
e delle dichiarazioni anodine…
Circolava a riprova una domanda:
se fosse la tua lista di donne vuota;
a rigore no, come Dio comanda…
Ma era un'inchiesta inutile, idiota:
se con qualcuna tu fossi anche uscito
questo non avrebbe aggiunto uno jota
a quel che tuo girava come mito.
Sul tema avevo il mio convincimento
che mai ti sottoporresti ad un rito
scemo quale quel del corteggiamento
o di dire a qualcuna anche una sola
frase fatta, ancorché muta d'accento…
piuttosto lasci perdere, tiri una sòla:
altri di noi son usi far volare
le parole dove il pensiero vola.
Una battuta: un giorno verso il mare
io della tua Panduzza grigia ostaggio
con Paola, Claudia e Michela… care…
stipate dietro, siam tocchi dal raggio
visuale di quattro gambe sode:
"Ecco a chi potremmo dare un passaggio!"
dalla tua bocca inaspettato s'ode.
"Ti ricordo che hai la macchina piena!"
osserva la Michela, e tu: "La svode!"
Quelle avevano un gran bel fondoschiena
ma se una donna fa per te è quella
ch'opera per evitarti la pena
di dire una cosa ovvia anche se bella:
a te non giovan le menzogne ad arte
che allietan regina, troia e bidella
categorie divise solo in parte.
Se taluna, che ti fosse piaciuta,
avesse di moglie scritto le carte
e parlato poco, a ragion veduta,
e condotto il tutto in via coerente
ne ameresti la tattica minuta.
Le tue idee di politica corrente
sull'infantile disastro del mondo
scritto da Raboni elegantemente
son diventate l'abitato sfondo
delle mie riflessioni, paragone
d'un giudizio inquadrato eppure tondo;
ho cercato la tua stima e a ragione
non so se l'ho ottenuta, non importa,
m'impediresti d'andarne orgoglione.
Ti ricordo sempre in piè sulla porta
a tutte le occasioncelle di rango
cui partecipavamo una volta
che specie per i tuoi motti rimpiango:
te ne stavi zitto una festa intera
poi d'un tale "ignorante come'l fango"
porgevi la definizione vera,
silenziosa a non provocare danni,
timbrando il ricordo di quella sera.
Passarono i lunghi mesi degli anni.
Di esser, osservasti, che ti era noto
il dì che compiesti trentaquattr'anni
"pì vizin ai zinquanta che ai disdoto!"
Calcolai... Calcolate! Era vero;
sembravi meno abbacchiato che vuoto:
della giovinezza il carico intero
con le irogene demenzialità
da lungi era sepolto e per davvero.
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