556 - s. 399
Andréu Andrón
Il cognome, sì, era quello di un uomo,
ma il fare era quello di un coglione;
insegnava con l’aria del bel tomo
qualcosa della vecchia e stronza Albione
e si credeva il perno (era uno gnomo)
della scuola: urlava, col sigarone,
come uno sportivo s’agitava, mai domo:
era una schiappa, senza e col pallone;
Lì nella platea era il suo orgasmo,
e allungava i collegi per niente
reagendo a tutto, testardo mulo;
i’ ero allora un giovane supplente
e soffrivo ad ogni suo dir pleonasmo.
Oggi lo prenderei a calci in culo.
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557 - s. 400
Castrame
Protestava, a prescindere: e tardi
era il suo Consiglio, e troppo di brutto
i comunicati, e falsi e bugiardi
se di troppo preciso costrutto;
era un poeta, ma a Natale in tutto
aveva un voto e non sapeva far di
conto; reagiva stizzo al fare asciutto
dalla burocrazia, senza riguardi
per i colleghi; la vocina noiosa
si levava dal mezzo della sala
e già s’intuiva l’intenzion bellicosa
e ricominciava con le sue grame
lamentazioni, e lo stridìo che cala
se non di castrato… di castrame.
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