Figli del Bardo

4 giugno 2018


556 - s. 399 

Andréu Andrón

Il cognome, sì, era quello di un uomo, ma il fare era quello di un coglione; insegnava con l’aria del bel tomo qualcosa della vecchia e stronza Albione e si credeva il perno (era uno gnomo) della scuola: urlava, col sigarone, come uno sportivo s’agitava, mai domo: era una schiappa, senza e col pallone; Lì nella platea era il suo orgasmo, e allungava i collegi per niente reagendo a tutto, testardo mulo; i’ ero allora un giovane supplente e soffrivo ad ogni suo dir pleonasmo. Oggi lo prenderei a calci in culo.

557 - s. 400 

Castrame

Protestava, a prescindere: e tardi era il suo Consiglio, e troppo di brutto i comunicati, e falsi e bugiardi se di troppo preciso costrutto; era un poeta, ma a Natale in tutto aveva un voto e non sapeva far di conto; reagiva stizzo al fare asciutto dalla burocrazia, senza riguardi per i colleghi; la vocina noiosa si levava dal mezzo della sala e già s’intuiva l’intenzion bellicosa e ricominciava con le sue grame lamentazioni, e lo stridìo che cala se non di castrato… di castrame.