Ambiguo veneziano

Nata da un’intuizione di Alessandro Striuli - che intorno agli anni ’90 concepì l’idea di una commedia che si occupasse del “problema esistenziale”, e della quale egli tratteggiò fin dall’inizio il nome e le caratteristiche generali della quasi totalità dei personaggi - divenne una commedia bell’e finita solo nel giugno 2001 quando l’abbozzo di sceneggiatura e di ambientazione che avevamo saltuariamente e vagamente immaginato nei nostri incontri conviviali fu da me definitivamente completato e rimpolpato di contenuti e di dialoghi nonché arrangiato in maniera decisamente più malleabile di come avevamo previsto insieme. Il fatto poi che avessi a disposizione una compagnia di “attori” con la quale avevo appena messo in scena un lavoro di Goldoni, m’indusse, convinto da Ale che non stava nella pelle, a premere su di loro per avventurarci nell’impresa di rappresentare il nostro testo, che era tuttavia in molti punti assai raffazzonato: fummo costretti infatti più volte a riscriverlo, suscitando le perplessità, le incertezze e l’irritazione di chi non aveva capito che stavamo sperimentando. L’entusiasmo di Alessandro contribuì all’accelerazione dei tempi di rappresentazione, ma la fretta nel lavoro e la generale improvvida volontà di tutti di contribuire alla regia resero il clima un poco confuso.
La scena del bordello fu rappresentata in anteprima al Teatro Astra in occasione di uno spettacolo della Fiera e l’apprezzamento dimostrato dal pubblico riaccese l’entusiasmo nostro e degli attori.
“Ambiguo veneziano” andò in scena a San Donà il 14 dicembre 2001, il giorno dopo che il Veneto si era ritrovato paralizzato dalla neve, senza dunque una prova generale e tantomeno un’indispensabile prova tecnica; per cui emersero tutte le approssimazioni di un lavoro mal preparato e in diversi punti ridondante di velleità.
Lo spettacolo fu replicato a Treviso il 27 aprile 2002, dove molti degli errori della prima volta erano stati eliminati ma dove (evidentemente ero uno spettacolo nato sotto una cattiva stella) per un salto di battuta venne tagliata tutta la scena finale del funerale che doveva dar senso alle esistenze dei vari personaggi (le varie soluzioni al problema esistenziale!) Passò il messaggio? No. Ma chissenef...: il pubblico si divertì; se davvero si vuol mandare un messaggio meglio telefonare alla Posta.

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