Edizioni del Cubo



Il diario del nonno
Ricordi della ritirata di Russia
19 dicembre 1942 – 12 febbraio 1943


Dalla Prefazione

“Il diario del nonno”, recuperato casualmente sopra il carrello tivù di mia madre in copia dattiloscritta (digitale) dell’originale, è uno di quei libri che avrei voluto avere tra le mani tanto tempo fa, ossia da quando venni a sapere della sua esistenza, trent’anni fa. Poi, per almeno altri quindici anni, ho chiesto a mio fratello

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di farmi leggere il famoso “diario del nonno”, un quaderno che sapevo nelle sue mani in quanto egli era da sempre unanimemente riconosciuto come il nipote preferito del nonno; e quindi chi, più di lui, poteva essere il degno erede di quelle preziose memorie... Per tanti anni mio fratello mi ha risposto che lui, “il diario del nonno”, l’aveva sì visto e letto, ma non l’aveva più, che lo doveva avere la zia Imelda, sorella di mamma.
Il mio era un interesse più ... storico-letterario, lo confesso, che affettivo: quel diario l’avrei trascritto, tradotto in buon italiano (il nonno aveva la terza elementare ed era fortemente sgrammaticato) e l’avrei corredato di note e piantine per comprendere meglio l’epopea del ritorno.
[...]
Qualche giorno fa, dicevo, sopra il carrello della tivù della Blandina, mi casca l’occhio su un fascicoletto di pagine stampate al computer col titolo che ho riportato sopra come sottotitolo, e che intuisco subito essere il famoso diario relativo alla ritirata di Russia: i fogli, mi spiega mia madre, sono stati trascritti al computer da Pietro, figlio di Gianluigi, «in dialetto», esattamente come il nonno li aveva scritti. Non erano stati scritti in dialetto, e per questo difficili per la Blandina da comprendere, ma nell'italiano sgrammaticato, senza accenti, senza maiuscole e senza punteggiatura del nonno, l'italiano parlato-scritto da chi non lo sa parlare e non lo sa scrivere, che la Blandina aveva appunto scambiato per dialetto.
[...] La Blandina mi spiega che Pietro li ha trascritti da delle fotocopie (Gianluigi dunque non aveva l’originale, ma era in possesso – da quando? – della fotocopia dell’originale. O forse se l’era procurata più recentemente…). Pur non avendo sottomano l’originale, a una prima occhiata avevo subito colto che la trascrizione era inficiata da alcune imprecisioni: lo si intuiva qua e là dal senso del discorso. «Mi piacerebbe vedere l’originale; o anche la fotocopia dell’originale» dico a mia madre. Non avendo capito a cosa alludessi, la Blandina mi “spiega” che gli errori che leggevo erano gli errori del nonno, e che Pietro aveva trascritto “con gli errori”.
[...]
Nella trascrizione in italiano corrente del resoconto della ritirata (traduttor dei trascrittor d'Omero) mi sono imbattuto nel personaggio di Ico (Federico) Cussolin (Cuzzolin), a me già noto perché di lui conoscevo la testimonianza della sua campagna di Russia (“Russia 1941-1943 un soldato italiano racconta”) per averla letta (e averla nella mia biblioteca), e che sapevo contenere più riferimenti a mio nonno (il più significativo dei quali il nonno orgogliosamente lesse in occasione del conferimento dell’onorificenza di Dama del nastro rosso azzurro a mia nonna, almeno quarant’anni fa). E così mi è venuto spontaneo collazionare le due testimonianze relative al comune periodo della ritirata (19 dicembre 1942 – 12 febbraio 1943), osservando che i due sembrano aver avuto una vicenda simile ma non la medesima. Anche la versione di Cuzzolin – seppur grammaticalmente e sintatticamente più coerente – aveva bisogno di una sistemazione di punteggiatura. E perciò, per guadagnarmi il ringraziamento del lettore, l’ho fatto. A questo punto però risultava ancora più utile un inquadramento storico. E così mi sono messo a studiare la storia della ritirata di Russia, che funge perciò da cornice al racconto dei due protagonisti.

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