25 aprile 2025
682/689 - sonetti 492/499

Foto di famiglia

Minnie, il vile d'aula

Nel seggio avvolto in nebbia e falsità,
siede Donzelli, lingua sempre armata
contro i "comunisti", alimentata
dalle certezze d'un quaquaraquà.

Parlar si crede, Minnie, con beltà 
e arte che vorrebbe consumata;
attacca gli amici di vecchia data,
come uno sciacallo, senza pietà, 

in aula grida, e il volto suo s'arrossa,
non per vergogna, ma per vanagloria,
è convinto che la sua parte venga prima,

ma sotto il suo fracasso resta scossa
la verità, che scansa la sua storia:
è voce d'ombra, d'odio senza stima.


Cognato d'Italia

Cognato della Giorgia nazionale,
Lollo pontifica su semi e razze,
tra campi arati e ideologiche piazze
privo d'ogni puntello razionale.

Ferma i treni dove fermar gli cale,
dichiara, e poi si perde tra le strazze
di logiche che fan girar le cazze,
mentre l'acqua - dice - è il nuovo male.

Con sguardo fiero e piglio da profeta,
ci insegna che il cibo vien dal pensiero
e non dal suol bagnato e ben coltivato.

Così tra un'eco e l'altra il catecheta,
si crede un Cincinnato del ministero,
ed è Bacco... dal vino adulterato.


Segreti (non) svelati

Delmastro, vil custode di segreti,
li spiffera al Donzel per convenienza,
li porge come armi all'eloquenza
del vigliacco che supera i divieti.

Nell'auto poliziotta, vetri discreti,
gode a mirar con sadica violenza
o imaginar la pronta sofferenza
di chi il carcere farà inquieti.

E nella notte dell'anno che muore,
tra brindisi e saluti fascioneri,
tiene i commiati d'una vecchia ora,

ma non c'è gloria nel suo onore:
c'è chi sparava proiettili veri
e lui non si sa dov'era ancora.


Pantera di Plastica

Gridava un tempo: «Via, chi ha la colpa!»
con voce d'ira e sguardo da sovrana,
ma poi venne il Covid, e la grana
d'un'amministrazione che truffa e spolpa.

Le borse finte, ego d'una folpa,
comprate in nero da mano africana
lusso che la fa sentir sovrumana
vengon da chi lei priva di discolpa.

Oggi, ministra con ben più d'un'ombra,
non molla il posto, resta incastonata
tra arroganza e silenzi di cartone.

Ha il trucco fisso e l'etica che sgombra,
una pantera sì, ma impagliata,
che ruggisce per scena, non per ragione.


Vestito da nazista

Il duro Galeazzo, voce affettata
che vuol sembrare fiamma tricolore,
strilla come un bambino in La minore
tra pose spesse e rabbia affezionata.

In maschera da nazi, «Fu goliardata»
così giustificò l'error maggiore
col riso sciocco e il becero furore
di chi la Storia ha sempre ignorata.

Portavoce d'un tempo senza voce,
parla per Giorgia, quindi controvento,
ché ogni parola sa di caricatura.

Chi ha voce di checca e piglio feroce,
rischia d'apparir soltanto un monumento
alla figura... di merda, sicura.


Tra interesse privato e bau bau

Venticinquemila euro ben spesi,
non per la patria ma per trattati
di nudo e filmetti dai gusti accesi,
e tuttavia ben rendicontati...

O Montaruli, dai pensier scoscesi,
dopo due bei processi ingarbugliati 
è giunta la condanna a venti mesi 
per le spese che mostrano altri lati.

Ti credi sveglia, un tanto all'etto, 
ma quando il contraddittor ti scosse,
un Furfaro in minore, poveretto,

interrompesti grama le sue mosse
latrando cento volte un 'bau' sorretto
da una faccia degna di guance rosse.


Microfoni Inchini

Porro sussurra, Vespa poi rilancia,
con voce dolce e schiena ben piegata,
la linea è chiara, l'onda pilotata:
nessun perché o indice alla guancia.

La Premier parla, e mai che la sua ciancia
sollevi una domanda un poco ingrata,
applausi e inquadratura concordata
celano il vuoto dietro la plancia.

Velinari d'ufficio, megafoni in posa,
portano il verbo del Gran Melonì
come corrieri d'una sacra cosa.

Non nasce per far eco a chi comanda,
il giornalismo vero, che non è lì,
ma per graffiare dove il potere spanda.


Il Gatto e la Volpe

Nordio si liscia il pelo con fare accorto,
Piantedosi annuisce, silente e beota:
in aula appaion, ma non dicon iota,
ché il vero è un nodo stretto, troppo corto.

D'un volo di Stato nessun sa il porto,
né come ad Al-Masri si die' un pilota,
si alza il fumo, si svia, si parla a ruota
di cavilli d'un senso ormai distorto.

Il Gatto, leguleio senza affondo,
la Volpe, cogli occhi da questurino,
segretano un affare imbarazzante.

Così la scena è salva, il passo è tondo,
ma dietro il siparietto un po' meschino
sta il silenzio più duro d'un diamante.